16 agosto, 2007

I nostri mediatori didattici per eccellenza!.......



La musica, attraverso la sua “sfera” sensoriale, è quindi veicolo privilegiato per scoprire il proprio mondo interiore, aspetto fondamentale nello sviluppo affettivo e cognitivo dell’individuo. Pertanto è importante proporre in una azione didattica, una esperienza musicale “attiva” del fare musica, in maniera da consentire un dialogo fatto di movimenti, gesti, posture, sguardi, parole e ordine ritmico. Gli antichi greci, distinguevano due comportamenti fondamentali della musica: “ethos ethikòn” ed “ethos enthousiastikon”. Quest’ultimo aveva finalità ludiche, era l’ethos dei culti dionisiaci, dove la musica metteva il dio (thèos) dentro loro (en), da cui la parola entusiasmo avere un dio dentro. Alcuni studi di neurofisiologia e musicologia hanno messo in rilievo il potere comunicativo del linguaggio musicale, e molti studi hanno dimostrato il duplice effetto psicoterapico della musica sia nell'ambito fisiologico che psichico. La musica evoca sensazioni, stati d'animo, può far scattare meccanismi inconsci e aiuta a rafforzare l' Io; può aiutare a sbloccare repressioni e resistenze permettendo agli impulsi e ai complessi che producono conflitti e disturbi neuro-psichici di affiorare a livello di coscienza. Dunque, la musica è un mezzo di comunicazione anche là dove le parole divengono inaccessibili; Il poeta H. Heine affermò: “la musica incomincia, dove si ferma la parola”, essa infatti permette di comunicare attraverso un codice alternativo rispetto a quello verbale. Le stimolazioni musicali possono suscitare miglioramenti nella sfera affettiva, motivazionale e comunicativa. Fattore di sviluppo per l'alunno “normale”, essa rappresenta una vera terapia per il portatore di handicap. Viene impiegata in diverse problematiche come prevenzione, riabilitazione e sostegno al fine di ottenere una maggiore integrazione sul piano intrapersonale ed interpersonale, un migliore equilibrio ed armonia psico-fisica. Gli ambiti di intervento sono vari: soggetti autistici, alunni colti da paralisi cerebrali infantili, bambini non vedenti, soggetti down, alunni con problemi di apprendimento e/o con disturbi del linguaggio. La musica è uno dei mediatori educativi fra i più potenti, soprattutto quando i deficit sono molto gravi e le esperienze che ormai abbiamo sono davvero tante per confermarcelo scientificamente. Essa in quanto mediatore analogico è uno dei più idonei a mantenere desta l’attenzione del sordo(vedi l’efficacia del metodo Verbo-Tonale), dell'ipovedente, del down, dell'idrocefalo, del cerebroleso, del debole mentale, del cranioleso e di tutti quei soggetti con deficit mentali secondari. Questo, anche perché la musica, è uno dei mediatori in senso contenutistico, sia per similitudine con la realtà, sia perché con la realtà ha un rapporto di proporzionalità diretta. In Musicoterapia, ci si serve della musica come mediatore eccellente in cui esperienza diretta, analogie, simbolismo, consentono al soggetto di rappresentarsi la realtà in modo soggettivo e insieme interpersonale. In quest’ultimi anni, in diversi contesti educativi, la musicoterapia si sta rivelando un ottimo strumento per favorire l’inserimento e l’integrazione del soggetto con handicap, in quanto gli interventi proposti risultano formativi anche per tutta la classe. La musica, oltre a permettere la manifestazione della propria espressività, è una disciplina mentale che ha bisogno di ordine, di attenzione e concentrazione e quindi mai come oggi ha bisogno di essere portata nella scuola, dove tutti noi insegnanti, sappiamo che aumentano ogni anno, i casi di soggetti iperattivi, che manifestano a vari livelli difficoltà di attenzione e concentrazione, e dunque di apprendimento.




(pittura ANTONIO FIORINI)


Il disegno e la pittura:
Il disegno e la pittura vengono utilizzate in arteterapia per acquisire o potenziare la capacità di contattare le emozioni e rappresentarle in una dimensione fantastica attraverso la forma e il colore. Inoltre, richiedendo l’attivazione della coordinazione visuomotoria e la capacità di movimenti fini e precisi, comporta un giovamento anche da un punto di vista strettamente motorio. Il disegno assume infatti in arteterapia tre significati: un significato ludico (per creare), un significato narrativo (per raccontare di sé), e un significato conoscitivo (per porsi e rispondere a delle domande). Ma soprattutto il disegno ha un valore proiettivo. Il disegno infatti permette di esplicitare i propri conflitti e le proprie ansie che, assumendo concretezza e divenendo finalmente qualcosa di esterno a sé, trovano finalmente il distacco necessario per poter essere affrontate in maniera meno ansiogena. Per quanto riguarda la pittura possono essere utilizzate tutti gli strumenti e tutte le tecniche pittoriche, come ad esempio i pennarelli, le tempere, gli acquarelli, i colori a dita, il collage e così via. Va tenuto presente che anche la scelta di un certo strumento ha un valore simbolico. L’uso della scrittura: L’uso della scrittura in arteterapia prende vari nomi (writing therapy, poetry therapy, bibliotherapy, eccetera) a seconda della tecnica principalmente usata, ma stanno tutti ad indicare l’uso intenzionale della scrittura come strumento terapeutico. La scrittura viene infatti usata in arteterapia in diversi modi, da scegliere ed adattare a seconda delle caratteristiche delle persone e degli obiettivi terapeutici. In linea generale possiamo distinguere tra una modalità attiva e una modalità passiva. Nella modalità attiva i soggetti vengono invitati a comporre dei brani poetici o letterari, in maniera libera o a partire da un tema o parole chiave indicati dal terapeuta. In questo caso la scrittura ha principalmente una funzione espressiva e rappresenta un’importante occasione per entrare in maggior contatto con sé stessi, raggiungere una maggiore autoconsapevolezza e nuovi, e spesso inaspettati, insight. La modalità passiva, invece, richiede la lettura, secondo un’interpretazione personale, di brani già esistenti. In questo caso la funzione è principalmente evocativa, e fa leva sui meccanismi di proiezione ed identificazione. L’utilizzo della scrittura è particolarmente indicato con persone molto razionali e che di solito hanno difficoltà a riconoscere ed esprimere le proprie emozioni, in quanto tradurre in parole le proprie emozioni richiede proprio un lavoro di questo tipo.




La danza: anche per quanto riguarda l’uso della danza sono state elaborate diverse varianti (biodanza, danzaterapia, danza-movimento terapia), che condividono l’uso del movimento, con o senza musica, come principale strumento terapeutico. Il presupposto teorico su cui si basano queste forme di terapia, è quello in base al quale tensioni muscolari e modalità posturali e di movimento (uso dello spazio, tempi, ritmi, etc.) riflettono tensioni e modalità psicologiche; per cui, lavorare per prendere consapevolezza e sciogliere tali tensioni fisiche comporta l’entrare in contatto e il risolvere i blocchi emotivi e psicologici. La danza può essere vista come un dramma, in cui il linguaggio del corpo sostituisce quello verbale. L’obiettivo principale è mettersi in contatto con il proprio corpo e dare ascolto alle emozioni che vi albergano, ma i benefici dell’uso del movimento e della danza si estendono a più livelli. Ad un livello puramente fisico permette di ampliare il repertorio motorio e migliorare la coordinazione ed il tono muscolare, ad un livello psicologico si interviene sulle modalità di espressione di sé e sui livelli di adattamento alla realtà, ad un livello sociale, infine, si lavora sul modo di interagire con il gruppo e dunque sulle capacità comunicativo-relazionali.



Il teatro: L’idea che il teatro potesse avere effetti benefici, e dunque potremmo dire terapeutici, risale fino ad Aristotele e all’ antica Grecia. Gli effetti benefici di cui parlava Aristotele, la catarsi che derivava dall’assistere ad una tragedia, erano però di tipo passivo, mentre in arteterapia le tecniche teatrali vengono utilizzate in maniera attiva, ai fini della terapia. La scoperta del teatro quale strumento terapeutico si deve principalmente a Moreno, ideatore dello psicodramma, ma dopo di lui è stata acquisita e sviluppata dai più svariati approcci terapeutici ed ha trovato largo impiego nei più diversi ambiti di applicazione. Psicodramma, teatroterapia, drammaterapia, playback theatre, eccetera, hanno tutti in comune l’utilizzo della drammatizzazione quale principale strumento terapeutico. Drammatizzare, e cioè tradurre in azione, permette infatti un accesso più diretto ai contenuti interni del soggetto, che potrà rivivere eventi del passato, elaborare e risolvere i conflitti riattualizzandoli, esplorare i propri “fantasmi” rendendoli concreti ed esterni a sé e quindi più accessibili e più facilmente modificabili o, ancora, sperimentarsi in situazioni nuove accrescendo così le proprie competenze e la conoscenza di sé. Le tecniche derivate dal teatro utilizzate in arteterapia sono molteplici e svariate anche perché il terapeuta le applica adattandole via via ai pazienti e alle situazioni e spesso arriva a crearne di nuove. Oltre alla rappresentazione vera e propria e allo psicodramma, ricordiamo i giochi teatrali, di solito usati come “riscaldamento” del gruppo, e cioè per creare l’atmosfera necessaria ad un’espressione libera e spontanea di sé; l’uso delle maschere, che solitamente vengono fatte costruire e dipingere dagli stessi soggetti; e l’interpretazione di monologhi.



La cinematografia: Musatti (1950) è stato tra i primi ad approfondire gli aspetti e le funzioni psicologiche del guardare un film, segnalando l’analogia tra sogno e cinema. Sia nei sogni che al cinema le immagini presentano un carattere di realtà pur non inserendosi nella realtà, rispondono ai bisogni immaginari e alle pulsioni più intime permettendone la soddisfazione allucinatoria, e sono sottoposte agli stessi processi intrapsichici: spostamento, proiezione, oblio, etc. La seduta cinematografica, inoltre, presenta tutta una serie di caratteristiche che favoriscono un coinvolgimento così forte, come l’oscurità, il volume alto, la posizione rilassata, la passività. “La visione di un film modifica lo stato di coscienza di una persona: lo spettatore viene proiettato in una dimensione spazio-temporale in cui esiste solo la storia rappresentata sullo schermo, che annulla, almeno temporaneamente , la realtà circostante. Questa nuova dimensione è in grado di suscitare emozioni, indurre alla riflessione su sé stessi e la propria esistenza, inviare spunti per un dialogo, che produrrà mutamenti in coloro che ne sono coinvolti” (Fata, 2003). I meccanismi psicologici coinvolti sono principalmente quelli di identificazione, per cui una carenza o un bisogno interno vengono mitigati attraverso l’identificazione, appunto, delle emozioni e dei vissuti dei personaggi del film, e la proiezione, per cui si affrontano i conflitti interni o gli aspetti più spiacevoli di sé cogliendoli, come oggettivi, nei personaggi del film. Quando è possibile, rendere consapevoli tali processi può essere un momento molto importante di crescita personale. Anche la cinematografia viene usata in arteterapia sia in forma passiva, e dunque più vicina agli effetti catartici di cui parlava Aristotele, sia in forma attiva e cioè coinvolgendo il gruppo sia nella stesura della sceneggiatura che nella produzione stessa del film, di cui, ovviamente, saranno i protagonisti.

(alcune parti sono state tratte liberamente da articolo di Alessandra Improta )

1 commento:

gruppo MODARA ha detto...

Vigotsky parlando di mediazione sociale nello sviluppo delle capacità infantili riconosce al valore del gioco un alto potenziale educativo.